MAURA DEL SERRA: anche nell’aforisma, un’eccellenza della letteratura a tutto tondo

MAURA DEL SERRA

Maura Del Serra (Pistoia, 1948) è poetessa di fama internazionale, drammaturga e traduttrice italiana, oltre che critico letterario, già comparatista all’Università di Firenze. Per la sua attività ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali, fra i quali: il premio “Montale” per la poesia, il premio “Flaiano” per il teatro e il premio “Betocchi” per la traduzione. Nell’anno 2000 le è stato assegnato il premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei ministri. 

 


AFORISMI

 

Chiedere all’arte di avere peso mondano è chiedere al sorriso di far rumore.

Leggere il giornale – e certi libri – è un esercizio zen: insegna che il pieno è uguale al vuoto.

La passione ripete l’ebrezza infantile di girare su se stessi a occhi chiusi.

Il vero altro è se stesso: quando si urta contro un altro si chiede scusa; quando si urta contro se stessi, si chiede pace.

Là dove l’artista è chiamato, nessun altro può entrare, tanto meno il suo io.

Nella patria dell’anima non c’è parola piana: la sua patria è il silenzio, il canto, il grido, il bisbiglio.

Prima di poter volare, l’anima deve fare un bagno di polvere, come gli uccelli.

Avere come Antigone “cuore ardente per cose agghiaccianti” e “cuore freddo per cose brucianti”: il chiasmo interiore  che salva.

Grammatica generativa interiore: rendere transitivo il bene, intransitivo il male.

Il bene rende la realtà trasparente e tagliente, il male la fa opaca e soffice, l’eros, pulsante ed elastica.

Il sensibile e l’intellettuale: due lenti diversamente colorate, in rosso e azzurro, filtri che tentano di accogliere la        trasparenza: dalla loro fusione deriva il violetto dell’anima.

Non possiamo leggere la nostra vita, perché siamo il palmo stesso della mano divina.

Come i polmoni l’aria, l’anima respira il divino, senza vederlo né conoscerlo: ma a quel respiro lo specchio del mondo si appanna, e le permette di tracciarvi i suoi segni (di lode, di domanda, di contraddizione).

Fotografia: il mistero dell’orologio fermo.

L’arte comincia con “l’universo è linguaggio” e finisce con “il linguaggio è l’universo”.

Le piccole viltà che si muovono sul fondo del nostro coraggio di vivere, il piccolo coraggio in fondo alle nostre viltà: il chiasmo interiore che compreso rende lucidi – come una testa calva.

Dio ha creato il corpo umano coi ritagli dello spazio, lo spazio coi ritagli del tempo, il tempo coi ritagli dell’eternità, l’eternità coi ritagli di sé.

La vita e la morte, in sé indivise, si dividono come le acque del Mar Rosso per lasciarci passare.

Troppe cose sappiamo per essere felici; troppe per essere infelici; troppo poche per essere.

Perché “se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno?” Perché solo per i piccoli, in ogni senso, il mondo è infinito.

Si spendono molte parole, se ne guadagnano poche.

L’amare comprende il conoscere come il fuoco comprende la luce.

Come le foglie, farsi aurei prima di cadere.

La felicità è folgore, la gioia luce: perciò non si può vivere nella felicità, ma si può vivere nella gioia.

Il passato è neve, il presente è pioggia, il futuro è nube.

L’artista è sempre in ginocchio davanti alla vita, ed è sempre in piedi davanti alla morte.

 

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