VITTORIO SOZZI
Laureato in Scienze Matematiche, Direttore in società nazionali ed estere di primaria importanza nel settore informatico, Vittorio Sozzi ha pubblicato in convegni tecnici e in congressi internazionali di medioevalistica.
Oltre al libro “MBS, Il Management del Buon Senso”, (1996 – Sperling & Kupfer) ha dato alla stampa racconti per periodici e antologie (Rizzoli, Newton Compton), due raccolte di novelle (Lucarini, Tencati), due romanzi “La baronessa di Bruzolo” e “Incantesimi d’amore”(1995, Tencati).
Nato a Torino nel ’40 e mancato nel 2013, Sozzi è vissuto e ha lavorato a Milano. Rotariano, ha diretto la rivista nazionale ROTARY. Fu Segretario Generale del PEN Club Italiano.
AFORISMI
“Forse che si, forse che no”
I mancini smarriscono più facilmente il guanto destro?
Quando si scrivono pensieri profondi su un foglio, l’inchiostro penetra maggiormente nelle fibre della carta?
Eppure sono sicuro che talvolta anche il David di Michelangelo vorrebbe sedersi.
Quando vedo un guanto abbandonato penso all’altro che è rimasto solo.
I ritratti degli antenati sono racchiusi in ellissi, le foto dei genitori in rettangoli, le immagini dei figli in cornici tonde: la geometria dei ricordi.
La vipera in mezzo alle rovine dei monumenti storici è il velenoso messaggio di come il tempo possa uccidere.
Portare dei fiori di carta o di plastica sulle tombe è come pagare un debito con un assegno scoperto.
Le iscrizioni sulle pietre tombali testimoniano ai morti la falsità dei sopravvissuti.
La morte taglia i rami degli alberi genealogici senza rispettare le stagioni della potatura.
In una giornata tremendamente calda un pianoforte verticale si sciolse trasformandosi in un piano a coda.
Come riesce il pentagramma a sopportare appese tutte quelle note senza che un solo rigo si pieghi sotto il peso?
Il maestrale si veste con maglioni fatti di fiocchi di neve.
Ad una conferenza è più educato tenere aperti gli occhi che non le orecchie.
Cita le frasi degli autori che ha letto come se fossero testimoni a sua favore.
Il moscerino nell’occhio ha sbagliato parabrezza.
Con i rotoli delle pergamene era molto più difficile saltare le pagine noiose del testo.
I graffiti sui muri sono i best-seller degli anonimi.
Un uomo per tutte le stagioni ha un problema di guardaroba.
Il potere della gomma è di molto superiore al potere della matita.
Non ho mai visto grandi folle di saggi, né piccoli gruppi di fanatici.
Nei musei l’Urlo di Munch ha fatto tacere molti visitatori.
Una vecchia zitella si sente come un calzino spaiato nel cassetto della vita.
Gli archi di trionfo sono le porte aperte del palazzo della storia.
Gli studenti più disattenti studiano nei banchi di nebbia.
L’infinito è quel punto alla fine di tutto in cui inizia ancora qualcosa d’altro.
Il fascino del futuro è, molte volte, la fuga dalle delusioni del passato e il fascino del passato è sempre la paura di confrontarsi con i cambiamenti insiti nel futuro.
“Forse che sì, forse che no” circa i numeri e le lettere
L’1 è così magro perché è corso davanti a tutti i numeri per arrivare primo.
Il 2 si muove come un cigno, superbo di essere il primo pari.
L’8 deve avere un buchino sul fondo da cui ha perso tutta la sabbia.
Il 9 fa una fatica tremenda a stare in piedi, ma sa che appena scivola lo confondono con un 6.
Euclide si soffermò molto a studiare il diverso comportamento delle due aste delle A e della H.
C e G sono cugine, ma non si parlano più da quando sono entrate nel mondo della moda con Cardin e Gucci.
La F è una E che ha perso un dente pettinando troppe volte la G.
Nessuno ha mai scoperto chi rese incinta la P facendola diventare B.
La I soffre di un complesso di sdoppiamento della personalità: un po’ è lettera e un po’ è numero.
L, quando c’è bora, si sente molto più saldamente eretta di I.
M e N sono il cammello e il dromedario nello zoo dell’alfabeto.
La Q per distinguersi dalla O si aggiunse un trattino obliquo, e subito la R la imitò per distinguersi dalla P.
La T è lo spaventapasseri tra le lettere dell’alfabeto.
U e V si equivalgono: tutti sanno però che la U ha un carattere più morbido e meno spigoloso.
J e K, X e Y e W, si sono messe vicine nel vocabolario: si sentono un po’ estranee alle altre.
J, K, X, Y e W hanno un gran lavoro solo d’estate quando in Italia arrivano gli stranieri.
La W mi ha sempre fatto l’impressione di una V pronunciata da un balbuziente.
Le parentesi quadre e a graffa hanno studiato di più e vengono usate nelle matematiche superiori.
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