Ricordo di Giorgio Gramolini aforista

Giorgio Gramolini (Oggebbio 1957 – Garbagnate 2024) è stato insegnante di inglese nelle scuole superiori, poeta, narratore e aforista.

Ovviamente in questa sede ci occuperemo soltanto della sua produzione in quest’ultima veste, benché anche nelle altre – la poesia, la novellistica – si sia cimentato con risultati di assoluto rilievo e abbia conseguito riconoscimenti importanti.

Come aforista, l’autore ha al suo attivo due raccolte, per un totale di circa 600 aforismi, che gli valgono un posto non secondario tra gli scrittori di forme brevi italiani di questo primo quarto di secolo: Pensieri scorretti (Arduino Sacco Editore, 2014), silloge vincitrice del maggiore concorso aforistico italiano, il ‘Premio Internazionale per l’Aforisma Torino in Sintesi’ (sezione Editi) nel 2016 (a pari merito con Roberto Morpurgo), e Frammenti di inesistenza (puntoacapo editrice, 2022) con cui ha ottenuto una menzione, sempre a Torino, nel 2022, e ha vinto nello stesso anno il prestigioso Premio Città di Como (sezione Aforismi Editi). Nel 2011 si è imposto anche nel Premio Nazionale di Filosofia ‘Le figure del pensiero’, con sede a Certaldo (Sezione Aforismi).

Pensieri scorretti si segnalò fin dall’uscita per lo stile sobrio, concreto e incisivo, l’acutezza e la lucidità dell’analisi, e la versatilità nella scelta degli argomenti. La silloge, nella più pretta e consapevole tradizione aforistica, è eticamente incentrata sui temi fondamentali della vita quali libertà, giustizia, politica, i moti e le contraddizioni dell’animo umano, le storture della società, gli inganni e le illusioni della storia, fino ad approdare, quasi metafisicamente, alla riflessione sul destino ultimo dell’uomo:

“Se consideriamo quanto la nostra vita sia condizionata dai dispositivi e dalle apparecchiature che la modernità – spesso a nostro malgrado – ci mette a disposizione, possiamo ben dichiararci non utenti, bensì ostaggi della tecnologia.”

“A furia di propagandare la libertà per le masse, hanno ottenuto la schiavitù degli individui.”

“Ci hanno fatto credere che a far girare il mondo fossero le idee politiche e le grandi decisioni dei governi e dei parlamenti. Ora ci accorgiamo che la nostra vita quotidiana è condizionata dai decreti attuativi, le ordinanze comunali, i regolamenti condominiali.”

“I vecchi regimi combattevano le trasgressioni con le leggi e le prigioni; le società aperte le hanno sconfitte trasformandole in mode consumistiche, la più moderna e originale forma di controllo sociale.”

“La censura che si esercitava un tempo bruciando i libri, la si compie oggi producendone in quantità esagerata.”

“Il fanatico brucia nell’incendio che egli stesso ha scatenato. Il moderato affoga nella palude che egli stesso ha stillato.”

“Se cerchi davvero la libertà non concedere a nessuno il diritto di renderti felice.”

“Tutto ciò che ci fa vivere – gli ideali, i piaceri, financo l’acqua e il cibo – è anche ciò che ci avvelena, che ci farà morire.”

“La vendetta, ovvero come riuscire a sentirsi cattivi almeno quanto il proprio nemico.”

“La realtà come noi la percepiamo altro non è che una convenzione stipulata tra i nostri sensi e un ipotetico mondo esterno.”

“La vita è un sogno che fugge e tu puoi solo rincorrerla. La vita è un incubo che ti insegue e tu puoi solo scappare.”

“Accettare la vita, con tutti i suoi tormenti; oppure rifiutarla, con tutte le sue attrattive. Una terza via sarebbe pura sopravvivenza.”

“La natura non è stata matrigna verso il genere umano fino a quando questo non ne è diventato il figlio degenere.”

Nel 2022, con Frammenti di inesistenza, Giorgio Gramolini otteneva un nuovo prestigioso riconoscimento nell’edizione speciale del ‘Torino in Sintesi’, che nell’occasione, dopo la lunga parentesi del lockdown, premiava libri pubblicati nei dieci anni precedenti. Queste le motivazioni addotte dalla giuria per il conferimento della menzione:

“L’autore ha saputo sviluppare, con lucida sobrietà e in uno stile sorvegliato, i temi ricorrenti del suo pensiero: le acute riflessioni sull’arte e sull’amore, la disillusa indagine sociale, lo scandaglio impietoso e sconsolato dei moti dell’animo umano, l’amara risentita esposizione di contro-verità sgradevoli, sempre operanti ma misconosciute, la denuncia polemica dell’imperante ipocrisia e la meditazione radicale e sgomenta sull’inafferrabilità della realtà circostante e della nostra stessa esistenza terrena.”

Il libro si suddivide in due parti: la prima (‘Sopravvivenza’), più intima ed ‘esistenziale’:

“Le nostre vite sono incisioni rupestri o segni tracciati sulla sabbia con un bastoncino?”

“Chi sa di avere un sosia presuntuosamente dimentica di essere un sosia.”

“Le promesse più difficili da mantenere sono quelle che facciamo a noi stessi.”

“Vorrei lucidare l’immagine del mio presente, ma non riesco a togliere le incrostazioni del passato.”

La seconda (‘Socialità’), volta ad analizzare piuttosto i rapporti fra le persone, i comportamenti dell’uomo in mezzo ai propri simili:

“Se non vuoi sporcarti la coscienza, devi almeno sporcarti le mani.”

“La tua assenza è più ingombrante della tua presenza, con l’aggravante che non posso metterla alla porta!”

“Ci sono uomini che sanno essere più forti dei loro stessi principi.”

Nell’insieme emerge una sofferta sfiducia nella capacità dell’uomo di vivere in armonia con l’ambiente circostante e di costruire una società conforme ai più elementari principi di equanimità:

“La giustizia non saprà mai essere interamente giusta, per questo si barcamena oscillando tra la spietatezza e la tolleranza.”

“Una giustizia che sa solo perdonare è debole e vana quanto una giustizia che sa solo vendicarsi.”

Talvolta, è vero, il tono appare più scanzonato, ma mai al punto di mascherare del tutto un fondo di insuperabile amarezza:

“Rivoluzionari del 2000: fuori dagli schemi ma mai fuori dagli schermi.”

“Se non volete dirci la verità, fateci almeno sapere a quali bugie dobbiamo credere.”

“La medicina che non sa inventare la cura, inventa la malattia.”

A dispetto della consueta varietà e ricchezza dei temi, la raccolta presenta una notevole unità di tono, di ispirazione, di gusto; le due sezioni si richiamano l’un l’altra, accomunate da un tendenziale, ma mai gratuito, pessimismo, come peraltro si conviene al genere letterario, nel quale Gramolini spicca come una delle voci recenti più autentiche e risentite nel nostro Paese.

Segnaliamo che su questa sua seconda pubblicazione aforistica ha scritto non molto tempo fa per la rivista online Odissea una puntuale e acuta recensione Lidia Sella.

Giorgio se n’è andato pochi giorni fa, domenica 11 febbraio, al termine di una malattia affrontata con coraggio e lucidità, com’era nella sua indole, lasciando un vuoto incolmabile in tutti coloro che lo hanno conosciuto e amato. Resta il ricordo della sua persona schiva, umile, altruista, disinteressatamente impegnata in tante battaglie civili (il diritto all’eutanasia, la tutela di un ambiente sempre più minacciato dalla follia della nostra specie, soprattutto la difesa degli ultimi fra gli ultimi: gli animali, i più reietti fra le creature); resta, anche, l’eredità organica, coerente e insieme frastagliata, di un’attività letteraria – in senso lato – che, nonostante le tante dure prove che si trovò ad affrontare e lo assorbirono nella vita privata, egli seppe perseguire con costanza incrollabile: una produzione complessa, ma coesa e riconducibile a un nucleo comune, che meriterà, anche al di là della sua attività di aforista e dell’emozione nell’immediatezza della scomparsa, di essere tramandata e riscoperta negli anni venturi, con più perseveranza e fermezza di quanto l’autore, indifferente al successo e riluttante a promuovere le proprie cose, non ne abbia messe in vita.