Intervista ad Adelmo Ravaglia

Intervista ad Adelmo Ravaglia

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1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

A mio avviso, l’aforisma, più di ogni altro genere, stupisce per il suo andare deliziosamente contro il senso comune. E ci riesce talmente bene che nulla sa divertirmi e sorprendermi di più. Per quel che mi riguarda, poi, la combinazione di parole più esaustiva, autosufficiente, è quella che ne ha… di meno.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

Fin da piccolo sono un appassionato di umorismo nelle sue varie forme, dal nonsense comico di Pozzetto allo humour grottesco di Villaggio, o sottilmente nero di Vianello; a quindici anni ho scoperto con gran piacere il Benni di ‘Stranalandia’, e contemporaneamente ho iniziato ad interessarmi di psicologia (Freud in particolare), ma l’incontro fatale col genere aforisma è avvenuto, qualche anno dopo, leggendo Oscar Wilde. E leggendo e rileggendo Wilde e altri grandi autori ho iniziato a inventarne e scriverne – per divertimento e voglia di far venire alla mia logica le vertigini – anch’io.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Oltre a Wilde, su tutti Kraus, Lec, Voltaire, Bierce, Schopenauer, Allen, Flaiano, Longanesi, Gervaso, Morandotti. Ma, ampliando i confini al nonsense e ai testi surreali, anche i miei due musicisti preferiti, John Lennon e Syd Barrett, e scrittori come Lewis Carroll ed Edward Lear. Tra le definizioni sull’aforisma, le mie preferite sono: “Se non altro l’aforisma ha il merito di far meditare chi lo formula” (Morandotti), “Un’aforisma non coincide mai con la verità. O è una mezza verità, o una verità e mezzo” (Kraus), “Un’aforisma non ha bisogno di esser vero, ma deve scavalcare la realtà. Con un passo solo deve saltarla” (Kraus) e “La superiorità dell’aforisma: uccide la spiegazione” (Mario Andrea Rigoni).

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Per come la vedo io, certamente sì. Penso che ci siano davvero tanti ottimi autori d’aforismi in Italia oggi.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Ho notato che una domanda ricorrente ad autori di aforismi o microsaggi è: a quando il primo romanzo? E non: a quando la prossima raccolta d’aforismi? Mentre ad un autore di un romanzo chi chiede: pronto per una raccolta d’aforismi? Che significhi qualcosa?

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Le edizioni, sia antologiche che di singoli autori, d’aforismi contemporanei, i siti, le pagine social, i premi letterari e le iniziative alla “Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano”, con aforismi mischiati a battute comiche – da inserire anche nei diari scolastici – , penso siano tutte ottime strade da continuare a percorrere e indicare.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

L’aforisma che prediligo è architettato come una battuta. Ha licenza di divertire. Ma, tra tutti i generi con finalità ironiche e dissacranti, l’aforisma è quello dall’approccio più intimo, riflessivo e anticonformista, da saggi e navigati outsider.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

Forse potenzialmente entrambe le cose. Ma al momento conosco solo casi positivi.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche
modo?

Certamente sì. Ma soprattutto scrivere (o leggere) aforismi rende ogni volta spassose e squisite esperienze un po’ sospette come meditare e vedere la realtà da un punto di vista anomalo. Esperienze perfette in un’ottica di crescita.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla
propensione per la sintesi?

Immaginazione, orecchio, voglia di sperimentare, senso della (dis)misura e dell’assurdo, direi.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di
pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Se lo facesse una bella ragazza, a parte la sorpresa, potrebbe fornirmi un’ottima scusa per contattarla.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

Si, è la silloge “Volti alla conquista di un miraggio – breviario di un abbaglio” presente nell’antologia “Geografie minime”.

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Note Biobibliografiche

Nato a Lugo (Ravenna) nel ’76, laureato in Filosofia e in Economia e Commercio, ed abilitato all’insegnamento della Geografia, non ha finora pubblicato nulla, eccetto alcuni articoli pubbliredazionali sul giornale “Ravenna & Dintorni” e alcuni aforismi su internet. E’ anche autore di canzoni.

Intervista a Fulvio Venanzini

INTERVISTA A FULVIO VENANZINI

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1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

Potrei dire la pigrizia. Ma preferisco rispondere: l’amore per la sintesi e la musicalità, che sicuramente suona più interessante. Forse un mix di queste cose.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

Sinceramente è avvenuto tutto per caso. Da quando ho iniziato a scrivere per divertimento su piattaforme virtuali un po’ di anni fa mi è venuto naturale esprimermi attraverso questa forma breve che inizialmente non sapevo nemmeno avesse un nome, non avendo particolari studi letterari alle spalle. In seguito ho scoperto la tradizione comica e a quella mi sono ispirato, essendo quello il mio terreno e la mia vera passione.Diciamo che mi sono/hanno scoperto “aforista”, figura che non sapevo esistesse ufficialmente fino a circa un paio di anni fa. Ora mi sento anche un po’ più figo, proprio grazie a quell'”ista”.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Se devo essere ancora sincero, nessuno. Potrei cercare su Google e fare dei nomi ma sarebbe scorretto. La verità è che ne ho letto  qualcuno qua e là ma senza mai approfondire o concentrarmi su un autore specifico. Ogni tanto uno mi colpisce e ispira.  L’unico libro di aforismi che ho letto è stato uno di Marcel Proust ma l’ho interrotto perché li ho trovati un po’ noiosi, preferisco Guzzanti.
Aforismi sull’aforisma non ne conosco.

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Penso di sì, forse la gran parte si trova sul web, il che rende tutto più dispersivo. Ma ad esempio Twitter secondo me rappresenta un’ottima palestra in questo senso, proprio perché obbliga alla sintesi. L’importante è avere delle idee, qualcosa da dire.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Il motivo principale secondo me è che il pubblico vuole delle “belle storielle”, qualcosa di “coinvolgente” e l’aforisma prima che ti abbia coinvolto è già finito. Un eccessivo legame con la narrazione insomma. Ho saputo, ad esempio, che Fabio Fazio da giovane ha pubblicato un libro di aforismi. Ma oggi chi è che può permettersi di pubblicarne? J-Ax? Credo sia un problema culturale, come sempre.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Difficile da dire. Occorrerebbe riabituare la popolazione al pensiero autonomo e alla riflessione. Il che è abbastanza difficile in questa cultura del tormentone e del meme.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

Credo che al di là delle definizioni conti essenzialmente la qualità,
l’originalità, lo stile, la tecnica. Il “contenitore” è secondario, quello al massimo influenza il giudizio e la percezione, cosa che io trovo decisamente sbagliata. Chiaramente io propendo per l’aforisma comico, per la battuta, ma non ne farei distinzioni di genere, perché vedrei in ciò la morte dell’aforisma.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

Il problema principale della rete è che facilita il furto, anche a scopo di lucro come è accaduto a me in prima persona. Per il resto trovo che sia un ottimo mezzo di diffusione;  piuttosto dovrebbe stare al lettore conservare oggi la capacità di discernere il materiale di valore da quello mediocre.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

Senza dubbio sì, soprattutto dal punto di vista tecnico credo di essermi affinato molto e aver acquisito maggiore naturalezza e ritmo nella scrittura.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

Direi: sintesi, ritmo, acume, sensibilità e soprattutto apertura mentale.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Certo che sì. Un aforisma è pur sempre un’opera di ingegno e come tale va trattata, pertanto ne va rispettata la paternità, altrimenti lo si sminuisce.Non vedo perché non riservargli lo stesso rispetto che si riserva alla poesia o alla canzone. Purtroppo, specie in Italia, l’autore non è affatto tutelato sul web e così ti ritrovi una tua battuta messa in vendita su una t-shirt da una data azienda a 40 euro. Quindi “cose volatili e spontanee” che però generano profitto a discapito degli autori, e questo è un bel problema.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

Non posso che citare la mia unica raccolta auto-pubblicata dal titolo “Inquietologia”, del 2014.

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Note bio-biliografiche

Fulvio Venanzini, nato a Montefiascone (VT) il 9-11-1981, diplomato al liceo classico, vive a Montefiascone. Nel 2009 realizza insieme a Claudio Gianvincenzi il pilota televisivo comico autoprodotto “Disgustibus” di cui è coautore, attore e regista, seguito nel 2010 dal cortometraggio “Uropa” premiato presso alcuni festival locali, nel 2012 da un nuovo pilota della serie “Disgustibus” e nel 2013 dal cortometraggio “Gioventù Quotata”. Nel 2014 pubblica il suo primo libro di aforismi e battute comiche, “Inquietologia”, attraverso il sito di autopubblicazione online Lulu.com.