Intervista a Roberto Bertoldo

Intervista a Roberto Bertoldo

robertobertoldo2

1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

Poiché non amo che il prossimo si annoi alla mia presenza, cerco di esprimere rapidamente il mio pensiero.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

Non con l’aforisma propriamente detto, ma con i Taccuini di Albert Camus. Ho cominciato da bambino ad appuntare segretamente i miei pensieri, non però nel classico diario dove si raccontano le proprie esperienze, non era la mia esperienza ad interessarmi ma la motivazione e gli effetti d’essa. Grazie aquesto, qualche aforisma poi casualmente affiorava.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Kraus e Lec, ma anche quelli che aforisti lo sono occasionalmente, come Goethe, Camus, ecc. Un aforisma sull’aforisma che ricordo e che mi piace è questo di Rinaldo Caddeo: «Scrivere aforismi: cavarsi una parola di bocca», perché scriverne uno è anche come togliersi un fastidio che ci ronza nella testa.

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Non sono un esperto riguardo l’aforisma nell’Italia contemporanea ma quando ho avuto la fortuna e l’onore di appartenere alla giuria del “Premio Torino in Sintesi” ho scoperto che in Italia ci sono ottimi scrittori di aforismi.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Non ho notato un calo di interesse, ho notato solo che la grande editoria, mirando a pubblicare quasi esclusivamente autori del passato o di culto, una volta esaurita la vena abbia giocoforza rallentato. Ma anche prima, più che dimostrare interesse verso il genere, ha dimostrato interesse verso i grandi autori, spesso traendo aforismi dai loro romanzi, saggi, epistolari o diari.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei
lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Pubblicarne e pubblicizzarli, tutto qui. La moda farà il resto.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

Il fondamento dell’aforisma è la saggezza, la sua forma la sentenziosità. Senz’altro anche la battuta può assurgere a grande aforisma. Per esempio continuo a ridere ogni volta che penso all’aforisma che apre la raccolta L’eclissi della chimera di Sandro Montalto: «Oggi sono nato. Questo fatto, lo so, mi porterà alla tomba». Qui è l’orchestrazione del pensiero a distinguere la frase dalla semplice battuta di spirito. E il concetto non è certamente nuovo, basti pensare a Seneca («Muori non perché sei malato, ma perché vivi») e a Montaigne, quasi le stesse parole («Tu non muori di ciò che sei malato, muori di ciò che sei vivo»), o a Spinoza, in modo più arzigogolato e chissà a quanti altri. Ma è la sintassi la legittimazione dell’aforisma e lo strizzare l’occhio ai luoghi comuni è il suo charme.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

Che la diffusione dell’aforisma sia in mano agli intellettuali che dirigono le collane editoriali o ai lettori comuni gestori dei blog non cambia. La degenerazione culturale è ormai presente a tutti i livelli, del resto anche l’editore Adelphi ha pubblicato, in mezzo a tanta qualità, qualche volumetto di aforismi che degradano il genere, come Giudizio Universale con pause di Hebbel.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

Non sono un vero e proprio autore di aforismi e diffido di chi forgia aforismi o poesie quotidianamente, sono convinto che l’aforisma si nutra non solo del contesto mondano e di quello culturale che ci circonda ma anche del contesto linguistico del nostro pensare e un contesto linguistico meramente aforistico è come un salame senza grasso. Per quanto riguarda la mia maturazione, ritengo gli aforismi che uno scrive la conseguenza non la fonte della sua maturazione civile. Anche se è vero che bisognerebbe poi tenere fede a ciò che si sentenzia e questo accresce la coerenza, che è forse l’unico segno certo di maturità.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

Capacità di osservazione, di intuizione e di sincera indignazione. Di solito tuttavia gli aforismi migliori sono quelli filosoficamente più ordinari. Per esempio questo aforisma di Rinaldo Caddeo: «Lo scettico è un fanatico del dubbio». Trovata brillante ma ingiusta perché, come ho dimostrato anche col mio esempio in un saggio aporetico, lo scettico ha delle certezze e mette in dubbio solo le verità metafisiche (la mia fede in questa dimostrazione è la prova che non sono fanatico del dubbio). Ma se Caddeo avesse scritto: «Lo scettico è un fanatico del dubbio solo riguardo le verità metafisiche», l’aforisma sarebbe risultato troppo cavilloso. E le sofisticherie non appartengono al genere aforistico.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Può avvenire casualmente e inconsapevolmente, ma se è volontario sí, mi dà fastidio. Ogni volta che scrivo un saggio perdo tre anni a verificare se le mie idee le ha già esposte abbastanza similmente qualcun altro per citare in nota la fonte, quindi pretendo la stessa correttezza negli altri. Però poi quando rinvengo in ciò che scrivo un aforisma mi rendo conto che proprio in virtù della sua ordinarietà possono averlo già vergato molti altri.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

Non ho mai pubblicato una silloge a sé, ma solo qualche pensiero aforistico in appendice ai miei libri filosofici, e ho intenzione di lasciare di aforismi, che traggo pian piano dai miei taccuini, una sola raccolta, probabilmente postuma.