Intervista a Fulvio Fiori

fulvio_fiori

1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

L’aforisma non è il mio genere letterario preferito. È solo quello che finora mi è riuscito meglio come autore. Aiutato anche dal mio ruolo di copywriter, in cui la sintesi è un obbligo professionale, una sfida continua a produrre il massimo di comunicazione col minimo di parole. Bella palestra. Ma anche quando leggo romanzi, o racconti per me la brevità è un valore (adoro Erri de Luca!). Dunque sono Hemingwayano: scrivere e riscrivere una pagina, finché non ne resta una sola riga, l’essenziale per regalare emozione, pensiero, azione. Dunque l’aforisma è un ottimo mezzo di espressione, che vivo come un seme, da piantare nel cuore di chi legge. Poi decidi tu se buttarlo oppure innaffiarlo con le tue esperienze, riflessioni, intuizioni, per trasformarlo in una pianta e assaporare frutti che sono tuoi e solo tuoi, non più miei o di chi l’ha scritto. È la mia mission come autore, contribuire al risveglio della consapevolezza: pensa con la tua testa, scegli con il tuo cuore e diventa l’unico autore della tua vita.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

Non mi sono cimentato, è accaduto: gli aforismi (oggi aFIORIsmi) hanno cominciato ad affacciarsi alla mia mente spontaneamente. VIVERE MI PIACE DA MORIRE è stato il primo, intorno al 30 anni, una vera autofolgorazione. Subito seguita da grappoli di intuizioni, catene di riflessioni, sulle quali poi ho sudato, per costruire un racconto, una storia. Così è nato il mio primo libro, composto da un centinaio di aforismi, in cui Giovanni Tranchida ­in quegli anni casa editrice di medie dimensioni – ha subito creduto. Poi ho cominciato a studiare e ho letto tutti gli autori raggiungibili. Ed è arrivato il secondo libro, nel 1994, seicento aforismi concatenati, che internet e i diari Comix hanno saccheggiato e alcuni dei quali, sono stati inseriti nell’antologia JEARY’S GUIDE TO THE WORLD GREAT APHORISTS, Bloomsbury 2007.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Karl Kraus, Woody Allen, Oscar Wilde, Marcello Marchesi. Più tutta la letteratura Zen e le storie cinesi e indiane, colme di simboli e metafore. In particolare, amo i Koan, le sfide
verbali che i maestri Zen lanciano ai loro allievi, per bloccare il flusso ordinario della mente e guidarli verso l’illuminazione. È questo che cerco di mettere nei miei aFIORIsmi. Per quanto riguarda la definizione di aforisma, non amo le definizioni, perché in termini energetici sono pratiche non evolutive: più si definisce una cosa, più la si restringe, costringe, soffoca. Dunque, lascio semplicemente che l’aforisma sia, qualunque forma abbia.

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Sì! Sintetico, vero?

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Dopo il boom clamoroso del libro di Gino e Michele, ANCHE LE FORMICHE NEL LORO PICCOLO SI INCAZZANO (aforisma di Marcello Marchesi), in cui hanno infilato il meglio degli autori più noti, in termini di semplicità e accessibilità divulgativa, con l’imprimatur della più prestigiosa casa editrice italiana, per il pubblico tutto il resto è diventato noia. Anche perché, l’aforisma acquista valore grazie alla fama dell’autore, di solito abbondantemente morto. Quindi, un nome nuovo e sconosciuto, per quanto bravo, oggi è di difficile richiamo.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Francamente, non so se l’aforisma sia mai stato in vetta all’attenzione dei lettori. Gli autori lo hanno piuttosto inserito argutamente dentro commedie, romanzi, racconti… E da lì, il lettore lo estrapola e lo rende famoso chiamandolo “battuta”, come accade per i film di Woody Allen. Secondo me, questa continua a essere una buona strada.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

L’aforisma è ciò che l’autore vuole che sia. Ed è ciò che poi il lettore riconosce e sente “suo”. Siamo di nuovo nel territorio delle definizioni… restrittivo, inutile, accademico… tu scrivi ciò che senti e noi ti leggeremo.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

L’uno e l’altro. Favorisce ogni cosa, perché è una prateria sconfinata, completamente aperta. Io sono pragmatico: ciò che resta ha un valore, ciò che passa ne ha un altro. Entrambi possono essere gustosi, ma danno nutrimento diverso. Che ognuno cucini i propri piatti sul web e vedremo… chi li laverà!

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

Scrivere è sempre un’esperienza di crescita umana e intellettuale. Come leggere. E più sei disposto a metterti a nudo, a scavare dentro di te, senza bisogno di esibire, ma di condividere, più cresci e maturi. Anche da un punto di vista letterario. Dunque più l’aforisma è profondo, stimolante, pungente, ironico, sorprendente, più ha possibilità di generare maturazione. In te e in chi ti legge.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

GLI UOMINI LEGGONO I LIBRI, GLI SCRITTORI LEGGONO GLI UOMINI. In questo mio aFIORIsma, c’è la risposta.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Gli aforismi più letti e apprezzati sono quelli che indossano una firma famosa, specie nel mondo dei social network. Metti una frase stupida in bocca a Oscar Wilde e la gente la leggerà e la troverà fantastica. Non a caso, uno dei miei aFIORIsmi dice: UNA COSA DETTA DA UNO CHE E’ QUALCUNO DIVENTA SUBITO QUALCOSA. Nel mio caso personale, tutte le volte che mi scippano una frase, ho una reazione ambigua, specie se la firma qualcun altro: da un lato sento il bisogno di riprenderne la paternità, dall’altro ne sono lusingato, perché significa che è piaciuta al punto che qualcun altro vuole esserne l’autore. Tuttavia ­ lo dico sempre, sono un uomo fortunato! ­ i miei aFIORIsmi sono piuttosto conosciuti, anche nella rete, quindi spesso, altre persone hanno segnalato allo scippatore il furto. E oggi capita di rado. Anche se proprio all’inizio del 2015, un autore di terapie tumorali alternative ha usato per il suo libro, proprio il mio titolo più celebre VIVERE MI PIACE DA MORIRE.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

Il mio EGO ama il primo libro, VIVERE MI PIACE DA MORIRE, perché è stato in classifica. Il mio cuore invece ama il secondo RIFLESSIONI TRASPARENTI, perché è arrivato ovunque, persino in America. Infine, la mia anima ama le ultimissime produzioni: CUORI CONTEMPORANEI, silloge segnalata al PREMIO AIPLA 2014 e OSCURE ILLUMINAZIONI, che nel 2015 ha riscosso migliaia di visualizzazioni su facebook. Concludo con quello che considero l’aforisma più benefico, che appartiene a tutti, da millenni, semplicissimo, composto da una sola parola: GRAZIE.

**

Bibliografia

Dopo aver lavorato per vent’anni nel campo della comunicazione come copywriter per alcuni dei marchi più prestigiosi al mondo, Fulvio Fiori ha deciso di mettere la propria esperienza al servizio degli altri e di trasformare le sue passioni in vere e proprie attività. Prolifico autore teatrale, scrittore e fortunato aforista, ha pubblicato numerosi libri, tra i quali VIVERE MI PIACE DA MORIRE(1993), in classifica tra i più venduti; LATTUGA (2001), consigliato dal sito del Telefono Azzurro fra i migliori libri per l’infanzia e IL GIORNO CHE SONO NATO C’ERA SCIOPERO DELLE CICOGNE (2004), Premio Massimo Troisi per la Scrittura Comica. Maestro Reiki, esperto di meditazione e insegnante di arti marziali di lunga data, collabora con i più importanti centri olistici italiani e i suoi corsi di scritturaterapia hanno riscosso un successo sempre maggiore. È l’ideatore di Healing Writing, un metodo originale che utilizza la parola scritta per creare percorsi di autoconoscenza e crescita personale. E di Teatro Olistico, percorso creativo per liberare la tua espressività e imparare a interpretare te stesso. Nel 2015 ha fondato SanArti School, centro di formazione olistica professionale in arti e discipline per una vita sana. Dal 30 settembre in tutte le librerie, il suo nuovo libro pubblicato da TEA: CURARSI CON LA SCRITTURA, diventa autore della tua storia.

www.fulviofiori.com – www.healingwriting.it – www.sanartischool.it