Intervista a Fernando Menéndez

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1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

Come nella mia ricerca di espressione poetica sono arrivato all’ Haiku, la poesia più piccola, densa e sentenziosa, così per esprimere i miei pensieri e le mie esperienze ho scelto la frase più breve e soggettiva: l’aforisma. L’aforisma, in qualità di forma espressiva letteraria, mi ha offerto una soluzione efficace perché stabilisce un equilibrio tra l’eleganza e la sostanza del pensiero. Gli aforismi aspirano ad una massima densità concettuale e quasi poetica con la minima brevità formale e, allo stesso tempo, conciliano il particolare ed il soggettivo con l’universalità.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

La prima cosa che viene in mente sono i riferimenti, le citazioni e le frasi che mio padre, lettore e conversatore, mi commentava quando leggeva un libro. Più tardi, come studente di Filosofia ho potuto constatare quanto fosse importante l’aforisma dai Greci fino ai giorni nostri. Dopo, essendo diventato professore di filosofia, ho utilizzato frasi, citazioni e aforismi che cercano o possono spiegare la bellezza e la sottigliezza dei filosofi e delle filosofie.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali
e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Posso citare, tra gli altri aforisti, i Pensieri di Joubert, i Quaderni di Paul Valery, lo Zibaldone di Giacomo Leopardi, l’Antologia di aforismi italiani del Professor Gino Rouzzi ed i presocratici. Queste cinque opere sono un punto di riferimento che leggo e rileggo spesso per i miei aforismi.

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Attualmente si nota un crescente interesse per l’aforisma e per gli aforisti. Questo interesse generale si osserva in Spagna e in Italia; con meno vigore in Francia.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Sono pochi gli editori che hanno il coraggio di pubblicare libri di aforismi, e coloro che rischiano sono piccoli editori con tirature limitate, che rendono difficile la reperibilità delle copie pubblicate. E’ poi arduo rientrare di ciò che l’editore o l’autore investono nelle loro pubblicazioni.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Penso che scrivere aforismi non sia facile, e nemmeno leggerli perché questo genere richiede molta sintesi e capacità di condensare, e occorrono molte letture per creare dei buoni aforismi. Secondo me anche la difficoltà nella lettura di frammenti o brevi frasi, rispetto alla linearità cui è abituato il lettore in altri testi, sono indizi per capire l’uomo che cerca di comprendere questo mondo nel quale siamo nati, viviamo e moriamo..

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

I nuovi media utilizzano un linguaggio molto breve e crittografato, fatto per le persone che vogliono comunicare di slancio. A volte alcune frasi potrebbero essere considerate come aforismi, ma spesso non è così. La sottigliezza, l’eleganza, la conoscenza e la profondità non sono facili da gestire o da creare.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che,piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

La Grande Rete può aiutare a diffondere gli aforismi ed i loro autori, anche se mi piace pensare che, se la natura ama nascondersi e passare saggiamente inosservata, allo stesso modo dovrebbe essere per l’aforisma e gli aforisti. Ricordo ciò che disse un grande aforista del Novecento, sottile e chiaro, Gesualdo Bufalino: “L’aforista è un solitario e un malpensante, un censore implacabile dei vizi del mondo che possiede un’opinione differente ed un distacco verso l’ipocrisia del mondo”.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

L’aforisma mi ha insegnato e continua ad insegnarmi molte cose. A essere uno scettico ed un pessimista con le mie proprie idee, a guardare a ciò che è dentro me stesso, quelle verità poetiche e metafisiche dove tutto è incertezza e metafora. E ad accettare i frammenti del tempo in cui viviamo e la frammentazione del pensiero umano.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

Potrei dilungarmi molto su questo argomento, ma cercherò di riassumere in cinque caratteristiche: concisione didattica, agilità critica, osservare le cose da lontano, vederle nel modo in cui nessuno le osserva e illustrarle.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Credo che gli aforismi siano, come le monadi di Leibniz, frammenti, punti o linee di energia di una medesima entità o mondo a cui tutti partecipiamo e in cui ritroviamo la provvisorietà di cui siamo fatti.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio
ti rappresenta?

Tra i miei libri di aforismi, ho una predilezione per “Hilos sueltos”.

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Bibliografia

Aforisticamente – Fernando Menéndez