Intervista a Guido Rojetti

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1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

Una predisposizione innata a condensare il pensiero all’essenziale.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

Fin da ragazzo, leggendo i grandi filosofi. Ho iniziato a scrivere aforismi e poesie dall’età di diciassette anni. Sono stato indotto a cimentarmi come autore dal tempo a disposizione, nel momento in cui (a fine 2012) ho lasciato la mia attività lavorativa.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Uno scrittore che vanti un minimo di esperienza è consapevole di basare il proprio lavoro sull’opera di quanti, scrittori e pensatori, lo hanno preceduto. Chiunque è portato a cercare ispirazione nel lavoro altrui. Non esiste idea che non sia già stata pensata in precedenza. Compito dello scrittore è quello di rielaborare quanto già proposto per renderlo accettabile al lettore della sua epoca. Fatta questa premessa, e parlando qui di aforismi, la fonte più grande di ispirazione me l’ha fornita il mio vissuto, essendo quello aforistico il genere che più si confà all’esperienza, all’età matura. Mi sono congeniali Aristotele, Eraclito, Orazio, Quintiliano, Seneca, Terenzio, Nietzsche, Oscar Wilde, Ugo Ojetti, Flaiano, Dino Basili, Schopenhauer, Ambrose Bierce, Nicolas de Chamfort, Jean de la Bruyère, Stanislav J. Lec, Alessandro Morandotti, Bufalino, Henri de Régnier, Carlo Dossi, Novalis. Forse, in parte, mi hanno ispirato un po’ tutti, più o meno inconsapevolmente, ma quello con cui mi sento più in sintonia è sicuramente Roberto Gervaso. Cito tre miei aforismi sull’aforisma:
– Gli aforismi aiutano a disabituare quei lettori che leggono per non dover pensare.
– Gli aforismi, a volte, sono labirinti mentali dai quali il lettore può uscirne grazie a un filo logico che non sempre è tale; tuttavia, il fine non è l’uscita dal percorso, ma il soffermarsi nel transito.
– L’unica cosa che un aforisma deve spiegare sono le ali.
+ tre di altri autori:
– L’aforisma è molto sfizio in poco spazio. (Anonimo).
– È proprio dell’aforisma enunciare verità che sembrano menzogne e menzogne che sembrano verità. (Gesualdo Bufalino)
– L’aforisma è una risposta folgorante a una domanda pressante. (Emilio Rega)

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Ritengo che, un po’ come è per tutta la letteratura, non ci sia più molto da dire di nuovo, se non il come dirlo; così come uno stesso abito può risultare largo, stretto o perfetto a seconda della taglia di chi lo indossa.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Non mi risulta che il genere aforistico abbia mai riscosso molto successo nel panorama letterario italiano degli ultimi cinquant’anni. Quel poco (e breve) successo che ha avuto è stato dovuto più al personaggio che non al genere. Senza il personaggio a fare da traino, le case editrici non investono, poiché la maggior parte dei lettori è poco propensa ad acquistare libri di autori sconosciuti. Porto ad esempio due personaggi recenti: Roberto Gervaso per l’aforisma e Giorgio Faletti per il genere romanzo noir. Senza la loro pregressa notorietà, c’è da chiedersi se avrebbero ugualmente sfondato solo grazie alla loro bravura letteraria.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

La cultura della razza italica non ha sviluppato questa mappa genomica, non ci ha donato questo imprinting verso il genere aforistico. E dove non c’è punto di partenza non ci può essere punto di arrivo. Non siamo finlandesi. L’unica speranza sarebbe farne un dogma letterario fin dalle scuole medie, per crescere nuove generazioni di aforisti e sviluppare nuove coscienze letterarie e quindi nuovi lettori. Per il resto ribadisco quanto già espresso al punto 5)

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

Ritengo che l’aforisma debba assolutamente continuare a distinguersi da tutte le altre forme di comunicazione breve, remote o attuali. Arguzia, stile ed eleganza in punta di penna, si possono trovare tutte insieme solo in un aforisma ben costruito.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

Direi che possa accadere sia l’una che l’altra cosa. La differenza la fanno sempre quelli che scrivono bene da quelli che scrivono male. Ma sulla Grande Rete ho avuto l’impressione che siano più numerosi i secondi…

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

Sì, lo è stata senza dubbio e, conseguentemente, ricca di grandi soddisfazioni personali, sia per i riconoscimenti avuti come autore che per la mia maturazione letteraria, intellettuale e umana.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

Deve essere, all’occorrenza, lucidamente cinico, spietato, e risultare ugualmente amabile ai suoi lettori. Personalmente apprezzo particolarmente gli aforismi a doppia (e anche a tripla) chiave di lettura e quelli sotto metafora.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Dà sicuramente fastidio che qualcuno ti sottragga fraudolentemente il frutto del tuo lavoro, e ancor più se ne trae profitto a tuo danno. È buona regola, e di senso etico e morale, citare sempre l’autore dell’opera o dell’enunciato che si va a riproporre. Altrimenti non avrebbe senso l’esistenza dei diritti d’autore. Ogni forma letteraria ha una sua paternità che va riconosciuta. Fino a un secolo fa non se ne sarebbe mai parlato di simili casi. Smetana non si prese la briga di chiamare in causa Puccini per aver copiato l’inizio della Madama Butterfly dall’ouverture per La sposa venduta. O Beethoven non avrebbe mai accusato Wagner di avergli rubato dalla Nona Sinfonia le prime battute della “gara canora” de I Maestri Cantori di Norimberga. Anzi, prendere spunto dall’opera altrui un tempo era considerata una pratica assai comune e di tutto rispetto. “Le nostre idee devono nascere da qualcosa”, dicevano, “e non è possibile che nascano all’improvviso dal nulla”. E così Brahms prende spunto da Handel, Ciaikowskij da Mozart e Bach da Vivaldi: tutto questo senza falsi sensi di colpa o di vergogna, perché non si tratta di commettere un crimine. Stando al sistema giuridico attualmente vigente, i più grandi scrittori della letteratura inglese sarebbero tutti passibili dell’accusa di plagio. “Nulla è originale” ha osservato lo storico Will Durant, “eccettuato il modo in cui lo si presenta”.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

Sicuramente la pubblicazione della raccolta di aforismi dal mio libro “L’amore è un terno (che ti lascia) secco”.

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Guido Rojetti nasce a Torino il 30/11/1952. A diciassette anni è assunto dalla casa editrice “La Stampa”. A trent’anni crea una società di servizi nel mondo della pubblicità. Negli anni ha pubblicato alcune poesie con la casa editrice “EDIZIONI SIPIEL MILANO” (AUTORI VARI – POESIA “Il mare”, 1987), con la “GIULIO PERRONE EDITORE”. (Il SILENZIO ACUTO DEL MATTINO – Incontri Poetici, 2012) – con la “PAGINE SRL di Elio Pecora” – COLLANA VIAGGI DI VERSI – Nuovi poeti contemporanei (silloge di poesie – 2013). A sessant’anni compiuti cede la sua attività imprenditoriale per dedicarsi esclusivamente al sogno della sua vita: scrivere. E sceglie di esordire col genere che gli è sempre stato più confacente: l’’aforisma. Il 28 Luglio 2014 pubblica il suo primo libro di aforismi, dal titolo: L’amore è un terno (che ti lascia) secco, col quale vince il prestigioso Premio Internazionale per l’Aforisma “Torino in Sintesi” 2014.
Sito/Blog: http://amoreeaforismi.bookmatch.it